
Variazioni “Diabelli”: discrepanze tra urtext e fonti originali
Nell’articolo di oggi cercherò di dare una (prima) risposta a un interessante quesito postoci da Alexander Lonquich – che ringrazio – su alcune problematiche forcelle nella ventesima delle cosiddette variazioni “Diabelli”.
Ciò che leggerai non è che una temporanea ipotesi di lavoro, che andrà successivamente vagliata e, se necessario, modificata o sostituita.
Sono in debito con le ricerche di Alan Tyson (per l’identificazione del “copista E”) e William Kinderman (per molte informazioni di background sull’op.120).
Il puzzle: due urtext divergenti
Il testo delle prime otto battute differisce significativamente tra l’edizione critica supervisionata da Joseph Schmidt-Görg (G. Henle Verlag; d’ora in poi “H“)
e quella di Erwin Ratz (Wiener Urtext; “W“).
Sono diversi:
- il “doppio” metro (3/2, 6/4…);
- la posizione e la lunghezza delle forcelle.
Cosa voleva Beethoven?
L’autografo principale, l’edizione Cappi & Diabelli e…
Nella primavera 1823, plausibilmente entro la prima metà di aprile, Beethoven completò l’autografo principale “A” delle variazioni (Beethoven-Haus Bonn, NE 294).
Torneremo tra un attimo sul perché di questa datazione e dell’aggettivo “principale” riferito a quella che evidentemente non è l’unica fonte manoscritta.
Osserviamo intanto che il metro (3/2 C tagliato) e la posizione/lunghezza delle forcelle differiscono da quelli, a loro volta discordanti, delle due urtext.
Un testo simile all’autografo ma ancora diverso è quello dell’edizione originale Cappi & Diabelli “E” (1823): metro 6/4 C, e il diminuendo di batt.8 leggermente più lungo.
Le versioni di questa edizione dovettero essere almeno due, dal momento che in altri esemplari (sempre del 1823, ma suppongo precedenti) le forcelle 3 e 4 sono mancanti,
forse perché dimenticate dal copista che preparò la copia per l’incisore (o dall’incisore stesso?). Potrebbe essere così, a giudicare dall’evidenziatura su A.
Queste discrepanze portano a varie domande – Beethoven cambiò idea? su quale fonte si basò l’edizione originale? e da cosa derivano le due urtext?
Cercando la risposta, ci si imbatte in altri documenti, come…
…una copia manoscritta corretta da Beethoven
È noto che il copista Wenzel Rampl lavorò a una Stichvorlage (la copia-matrice per l’incisione delle lastre) per l’edizione viennese di Cappi & Diabelli.
Ora, nella collezione Bodmer si conserva appunto una copia delle variazioni “C“corretta e datata dal compositore “Wien am 30ten April 1823” (evidentemente l’autografo A era già pronto).
Qui (pag.21) il primo crescendo è spostato in alto, tra i due righi, e anticipato alla terza misura:
Beethoven cancellò l’indicazione precedente e prolungò il pentagramma per inserire la nuova; inoltre, l’altra coppia di forcelle (che forse era stata dimenticata dal copista, come dicevo) è estesa alle misure 5-8.
Se la Henle H è più vicina all’autografo e all’edizione originale, in questa copia C troviamo invece indicazioni simili a quelle della urtext W – che però non allunga il diminuendo fino a oltrepassare il secondo accordo di batt.8 come qui Beethoven.
Nessuna delle due urtext rispecchia del tutto le lezioni delle fonti viste.
Un problema di grafia: è questa l’unica copia corretta?
Come detto, sappiamo di una Stichvorlage realizzata da Rampl, collaboratore di Wenzel Schlemmer. Che però non è – non può essere– la stessa appena analizzata.
La grafia in C (che presenta i tratti di quello che Alan Tyson classificò come “copista E”) è infatti chiaramente diversa da quella di Rampl.
Basterà confrontare alcuni dettagli della notazione per rendersene conto: una tipica chiave di basso di C,
e una dalla copia manoscritta della sonata per violoncello e pianoforte op.102 n.1 (certamente di Rampl).
Lo stesso per quanto riguarda le rispettive chiavi di violino – in C,
e in Rampl.
E quindi?
E quindi esiste(va) un’altra copia, oggi purtroppo non ancora rinvenuta, che Rampl preparò per l’edizione originale delle variazioni.
Si tratta del manoscritto, risalente sembra alla fine di maggio e successivo dunque alla copia C, su cui forse è basato, che Beethoven donò all’Arciduca Rodolfo il 27 giugno e che andò successivamente smarrito.
La precedente C – attribuibile per la maggior parte al già citato “copista E” e in alcuni punti allo stesso Schlemmer – era invece destinata a Londra, dove Ferdinand Ries la aspettava per l’edizione originale inglese.
Gli arrivò purtroppo in ritardo, dopo la stampa viennese (Beethoven la spedì solo nel luglio 1823) e dunque il progetto saltò, come racconta lo stesso Ries nelle Biographische Notizen.
Conclusioni
Per le prime battute della variazione 20, abbiamo due urtext con differenze nelle forcelle (e nel metro, ma di questo ci occuperemo altrove).
La prima, H, si avvicina alla lezione di autografo A e edizione originale E (rivista); la seconda, W, a quella di una prima copia manoscritta C corretta da Beethoven. Un’altra copia, successiva e forse condotta sulla precedente, è smarrita.
Nelle tre fonti osservate (A, E, C) la versione ultima in ordine di tempo sembra essere la correzione di C, che sarebbe dovuta comparire sull’edizione originale (mai realizzata) di Londra.
Il testo autentico (rispetto alle forcelle) potrebbe cioè essere quello segnato qui in rosso:
Certamente si tratta di una versione originale, di Beethoven.
Per poter dare una misura di attendibilità accettabile a questa ipotesi, escludendo ad esempio eventuali ripensamenti del compositore, sarà necessario studiare in modo più approfondito tutte le fonti relative alle variazioni, incluse quelle non ancora visionate
(gli appunti della var.20 sul “Landsberg 10” a Berlino, gli altri esemplari noti dell’edizione originale Cappi & Diabelli, la stampa successiva in Vaterländischer Künstlerverein del 1824, e così via).
Sperando sempre che a queste possa aggiungersi presto l’ancora irreperibile copia di Rampl, sottolineo nel frattempo come nessuna delle due urtext rispecchi davvero, al momento, le fonti fin qui analizzate.
Un gap che potrebbe, temo, aggravarsi studiando, invece di sole otto misure, l’intero corpus delle variazioni.
Gabriele Riccobono
info@beethovenautentico.com
giorgio
La mitica, enigmatica, Variazione XX! Destinata a rimanere una sfinge a,lungo, fa parte della sua “anima”. Complimenti sempre per la trattazione competente e scientifica
Gabriele Riccobono
Grazie a te, Giorgio!
Questo articolo non è che una prima ipotesi di lavoro, ma è appunto dalle ipotesi, non dalle fonti, che si inizia.
Parlando invece poco seriamente: ti perdono per stavolta il non autentico riferimento alla “sfinge” di (credo) Lisztiana memoria.
Un abbraccio.
giorgio
A Liszt? E’ mia! 😀
Gabriele Riccobono
Ahah, allora, come Liszt, anche tu “must have had this passage [l’armonia delle batt.9-12, credo] in mind when he called the variation ‘Sphinx'”, come dice qui Alfred Brendel 😀
https://bit.ly/2QWVhOj